Capitolo 8 – LA FERALE NOTIZIA
I cugini di Sperlinga erano molto politicizzati: in città erano frequentatori abituali dei circoli politici del tempo in cui si discuteva del futuro assetto da dare alla Sicilia alla fine della guerra. Con il loro trasferimento in campagna presero l’abitudine di invitare gli amici nella loro residenza di Sperlinga che, dopo lo sbarco alleato in Sicilia, divenne la sede di uno dei circoli politici più importanti del territorio palermitano.
A Torre Sperlinga si formarono le prime cellule dei nuovi movimenti che stavano nascendo dopo la caduta del fascismo; dopo il ’43, le riunioni alla Torre si intensificarono, e videro la partecipazione dei notabili politici che erano contrari al fascismo, provenienti da Palermo, Catania, Messina e dall’ entroterra siciliano e poi, con l’occupazione americana della Sicilia dal ’43 al ’45, persino di personaggi di spicco della nobiltà isolana che ‘vista a mala parata’ (visto che la situazione si metteva male per loro) passarono in fretta dall’altra parte per paura di perdere proprietà, titoli ed influenza: alla Torre furono prese importanti decisioni su come e soprattutto da chi dovesse essere amministrata la Sicilia alla fine della guerra.
Naturalmente i referenti principali erano gli americani, ma data la fattiva collaborazione allo sbarco resa dai notabili mafiosi del tempo (in particolare da don Calogero Vizzini di Villalba), altro referente principale fu la mafia che scelse a sua volta come suo referente politico il nascente partito cattolico-liberale della Dc di De Gasperi. Alla Torre si fecero le prime riunioni del nascente partito separatista indipendentista che vagheggiava di fare della Sicilia la 49sima stella della bandiera americana a stelle e strisce.
Quando a maggio del ’43 Palermo venne ridotta in macerie dalle bombe alleate i cugini restarono sconvolti dalla tragedia: pensavano agli amici che avevano lasciato in città quando loro si erano trasferiti in campagna e si auguravano che fossero ancora vivi. I cugini di Fondachello invece, più che dalla politica erano presi dalle loro storie personali: Totò, il fratello maggiore era in Amazzonia a girare documentari, Rosa aiutava la madre a gestire il fondaco, Maria era innamorata, mentre Teresa era in piena crisi sentimentale, divisa com’era tra il ricordo di Nino e la nascente attrazione per Matteo, ma una mattina, ai primi di giugno del’43, una notizia inattesa portò una svolta nella sua vita e nelle sue scelte amorose.
Tra le cugine di Sperlinga ce n’erano due, entrambe acquisite, con le quali Teresa legava particolarmente: Pina Calì moglie del cugino Silvestre, pittrice talentuosa le cui opere oggi sono esposte al Museo Guttuso di Villa Cattolica assieme a quelle del marito, Silvestre Cuffaro anche lui artista, pittore e soprattutto scultore, oggi considerato uno dei più validi rappresentanti della scultura siciliana del Novecento. La seconda cugina di nome Rosanna e moglie di Pietro, era diventata la sua amica del cuore sin da quando frequentavano gli stessi salotti della Palermo bene, dove Teresa aveva conosciuto Nino. Gli aggiornamenti sugli ultimi avvenimenti dei soldati al fronte, arrivavano a Teresa attraverso Rosanna che era anche grande amica di una delle sorelle di Nino.
Rosanna, che aveva sposato suo cugino Pietro, era nata in Toscana e questo bastava arenderla “furastera”. Allora non c’era ancora la scuola dell’obbligo e la maggioranza degli isolani aveva al massimo la quinta elementare: parlava solo il dialetto siciliano, (che era considerata comunque una lingua e non un dialetto), ma pochissimi sapevano scrivere, tanto che era uso comune apporre una croce in presenza di un testimone al posto della firma nei contratti e nei lasciti testamentari. Nella Sicilia della prima metà del Novecento i”furasteri” (forestieri) erano accolti con diffidenza ma non tutti: infatti i siciliani erano usi dividere chi veniva da fuori in due categorie:
“i continentali chi arrivavano fori ‘u Strittu di Missina e parravanu italianu” (i continentali che abitavano oltre lo Stretto di Messina e si esprimevano in italiano) e “i stranieri’ chi arrivavanu da fori i confini ‘taliani” (gli stranieri d’oltre confine), cioè francesi, tedeschi, inglesi, americani e chiunque abitasse oltre le Alpi o oltre l’oceano. I siciliani di allora, tanto erano diffidenti e chiusi con i primi, quanto aperti ed accoglienti con i secondi, forse per un retaggio di sottomissione coloniale che si era tramandata nei secoli dalla dominazione normanna in poi. I secondi, sono riconosciuti di fatto come “stranieri”, ma sono accolti sempre bene anche se arrivano come nemici, come avvenne nel ’43 con lo sbarco degli americani.
Ai “continentali” che chiedevano qualcosa, spesso rispondevano con mugugni o si chiudevano in un ostinato silenzio. Con “gli stranieri” invece si sbracciavano affannandosi a rispondere con ampi gesti delle mani o sorrisi, dando il meglio della rinomata ospitalità isolana, spesso accettando o ricevendo doni. Eppure da sempre francesi tedeschi spagnoli arabi, americani… (insomma “tutti” tranne i normanni) sono sbarcati in Sicilia per colonizzarla! Con i “continentali” al contrario, erano tolleranti ma niente di più: il paradosso consisteva nel non accettare che questi ‘taliani’ come lo erano loro, parlassero una lingua incomprensibile e non il siciliano!
Quanto poi alla moralità, i siciliani consideravano i loro fratelli continentali troppo libertini per le rigide usanze delle famiglie siciliane, frutto probabilmente del retaggio ereditato dalla dominazione musulmana nell’isola. Per i capì famiglia della media borghesia isolana, “le nordiche erano “fimmini troppo emancipate che davano il cattivo esempio alle loro figlie schiette” (nubili), e perciò, per quanto possibile evitavano di invitarle a casa.
Per i genitori di Pietro, Rosanna, che era nata in Toscana, per l’aspetto ed il modo di fare era senz’altro una “fimmina emancipata” e quando il loro figlio cominciò a parlare addirittura di matrimonio non la presero bene. Ma Pietro era molto innamorato oltre che testardo ed alla fine l’ebbe vinta. Con il matrimonio, avvenuto prima dello scoppio della guerra, i suoceri si erano rassegnati ad avere questa nuora “cuntinentali”, senza tuttavia mostrare troppa espansività, almeno fino alla nascita dei nipotini.
Dopo il matrimonio, Rosanna e Pietro erano andati ad abitare in un villino stile liberty vicino al Politeama (il famoso teatro dell’Opera situato al centro di Palermo). Negli anni ’30, con il regime fascista, Palermo era una città mondana e sicura, ma le cose cambiarono di colpo allo scoppio del secondo conflitto mondiale, quando in città arrivarono i gerarchi nazisti che, d’accordo con Mussolini fecero di Monte Pellegrino (il monte che sovrasta Palermo) il loro quartiere generale. Vi avevano piazzato la contraerea, temendo bombardamenti aerei da parte degli Alleati ed in questo avevano visto lungo perchè a febbraio del ’43 gli alleati anglo-americani cominciarono a sganciare bombe su una popolazione palermitana impaurita ed impreparata: non c’erano abbastanza rifugi e la contraerea dell’Asse non riuscì ad intercettare gli aerei degli Alleati che volavano troppo in alto.
L’anno prima, alla fine del “42, tutti i cugini, Pietro, Silvestre, Giuseppina, Filippo, Vittorio e le rispettive famiglie si erano trasferiti dalla città in campagna, nella grande tenuta di Villa Sperlinga, che così era diventata come un grande villaggio.
Adesso tutti i cugini erano di nuovo vicini e potevano frequentarsi come quando abitavano in città. I cugini di Fondachello abitavano già prima della guerra in campagna quando nonna Maria, dopo la morte di nonno Domenico e quella di Rosalinda, la figlia maggiore, vi si era trasferita con i figli, o meglio con le figlie, perchè Salvatore già da subito aveva cominciato a fare il piccione viaggiatore per mete sempre più lontane, oltre oceano e verso le Americhe, finchè allo scoppio della guerra, per evitare la leva, la sua assenza divenne definitiva. Le due tenute, zona mare e zona collinare erano confinanti: la tenuta di Fondachello, originariamente inglobata nel feudo di Sperlinga, era la parte bassa del feudo che arrivava fino alla spiaggia del mare.
A Teresa, abituata alle aperture mentali del fratello Totò, i pregiudizi e le chiusure mentali degli isolani stavano stretti e disapprovava l’atteggiamento ostile dei genitori di Pietro verso la nuora: tra lei e la cugina acquisita, era nata una grande amicizia tanto che in breve Rosanna era diventata la sua unica confidente. Quando non erano vicine Teresa e la cugina comunicavano abitualmente tra loro con il lume a petrolio. A quei tempi il telefono in casa non c’era ancora, ma le cugine avevano trovato un metodo ingegnoso per comunicare tra loro, usavano con i segnali luminosi dei lumi a petrolio che erano molto diffusi tra le famiglie per due ragioni:
- ad ogni temporale immancabilmente la corrente andava via e perciò in ogni casa c’era almeno un lume a petrolio.
- Questi lumi erano in uso nelle campagne durante il periodo di siccità estiva quando gli agrumeti avevano bisogno di essere irrigati frequentemente e la richiesta era così tanta che spesso bisognava fare i turni di notte per irrigare tutti i campi perciò i contadini usavano i lumi per illuminare i condotti dove passava l’acqua.
Sul far della sera, quando era già buio, se Teresa e Rosanna avevano bisogno di vedersi, accendevano il lume, ciascuno il suo: la distanza tra di loro in linea d’aria era meno di 500m. Se una delle due faceva dondolare il lume la cosa significava che doveva comunicare qualcosa di urgente. L’altra cugina allora spegneva il suo lume, per poi riaccenderlo subito dopo. Se lo accendeva una volta sola la risposta era che sarebbe andata a casa dell’altra il mattino dopo. Se lo accendeva e lo spegneva in sequenza in rapida successione per due volte, significava che sarebbe andata dalla cugina nel primo pomeriggio del giono dopo. Se lo lasciava spento significava che era impossibilitata ad andare:ced allora ripetevano tutta la procedura dell’accensione dopo due giorni.
Una sera nel giugno del 1943, Rosanna l’aveva invitata a salire a Sperlinga da lei: aveva notizie urgenti da comunicarle. Teresa rispose con due accensioni ripetute all’invito di Rosanna ed il pomeriggio del giorno appresso si mise in cammino da sola per lo stretto sentiero che attraverso l’agrumeto s’inerpicava sulla collina di Sperlinga. Capì subito dalla faccia di Rosanna che doveva essere avvenuto qualcosa di grave.
Rosanna era pallida ed esitava a comunicarle di botto la ferale notizia: alla famiglia di Nino era arrivata la notizia ufficiale che lui risultava tra i soldati italiani dispersi sul fronte russo nel terribile assedio di Stalingrado.
Temendo la reazione della cugina, Rosanna prese la cosa alla larga e non disse subito a Teresa quanto aveva saputo direttamente dalla famiglia di Nino: «Quando hai ricevuto l’ultima lettera di Nino?» le chiese cercando di prendere tempo.
Presa alla sprovvista,Teresa faceva fatica a rispondere. Non aveva confessato a nessuno, nè alle sorelle nè a Rosanna che dal giorno in cui Nino era partito per arruolarsi volontario, lei aveva risposto solo nel primo anno a qualcuna delle sue lettere (e neanche ogni mese come faceva lui), perché aveva vissuto come un tradimento la sua scelta di arruolarsi volontario prima ancora di essere chiamato alla leva. Dal suo punto di vista, lui l’aveva messa al secondo posto, anzi al terzo, dopo l’esercito e gli ideali politici; questa era una cosa che non gli perdonava, però non aveva smesso di pensare a lui, ma di quest’amore represso un pò si vergognava come di una debolezza contraria alla sua indole razionale, un pò riversava su di lui un sentimento rancoroso, quasi fosse stata una ragazza qualsiasi sedotta ed abbandonata! E questo le bruciava! Teresa si sentiva diversa dalle altre: era sicura che l’uomo della sua vita sarebbe stato colui le avrebbe permesso di fare un salto nei gradini della società.
Col tempo imparò ad impersonare in ogni circostanza la parte che si era scelta nel palcoscenico della vita: quella di una donna elegante e raffinata. Era come un’attrice di talento che impersona sempre lo stesso parte tanto da restare prigioniera del suo stesso ruolo. Ma lei sentiva di essere nata per essere una “gran signora” e che tale sarebbe diventata a dispetto del matrimonio mancato con Nino e di quello sempre più probabile con Matteo.
Malgrado il passare degli anni, alla soglia dei 40 anni, continuava a curare molto l’aspetto esterno della persona: voleva apparire agli occhi degli altri sempre elegante ed inappuntabile, il che diventerà per lei quasi un imperativo ed un’ossessione dalla quale non derogherá mai. Il ruolo che Teresa vedeva per sè era quello “di una gran dama di corte”. Amava collezionare riviste d’epoca che ritraevano donna Franca Florio o le principesse di Villa Trabia, tutte sempre ingioiellate e con grandi cappelli, per questo negli anni seguenti Teresa indosserà sempre in ogni cerimonia importante, dai battesimi ai matrimoni, cappelli a larghe falde e gioielli di bigiotteria ma tanto ben fatti da sembrare veri! Fantasticava su quello che avrebbe fatto dopo la fine della guerra e si immmaginava un futuro radioso ed agiato ma soprattutto mondano che l’avrebbe vista protagonista dei salotti del capoluogo siciliano, ma per realizzare il suo sogno avrebbe avuto bisogno di un marito alla sua altezza, magari inserito nei giochi di potere che si andavano formando in quegli anni.
Con sua grande meraviglia aveva scoperto che Matteo indipendentemente da lei, conosceva bene i suoi cugini di Sperlinga e che al ritorno dei suoi viaggi spesso passava dalla Torre per portare dei messaggi, di cui lei ignorava il contenuto. Una volta provò a chiederglielo, la lui la liquidò sbrigativalente così: «Queste non sono faccende da donne e poi, meno sai meglio è!» Ma Teresa non era stupida e conoscendo l’impegno politico dei cugini, capì che nella politica siciliana stavano accadendo rivolgimenti importanti che probabilmente avrebbero visto il nascere di forze e protagnisti emergenti e Matteo le sembrava intraprendente e spavaldo quanto bastava per compiere anche lui il salto sociale ed in tal caso, lei sarebbe stata al suo fianco. Non era ua questione di cuore ma di testa.
Ora c’era una cosa che Teresa aveva tenuta segreta a tutti persino a Rosanna la sua amica del cuore: dopo la sua partenza per il fronte nel 1940, Nino le aveva scritto delle lettere a cadenza mensile, ma lei delle 26 ricevute ne aveva letto solo le prime 15! Le altre le prendeva senza aprirle, le legava tutte assieme con un nastrino e le riponeva in fondo ad un cassetto che profumava di lavanda. Senza leggerle.
Ad ogni lettera sentiva crescere il lei non l’amore o la nostalgia ma quel sentimento rancoroso che l’aveva presa fin dall’inizio e così alla fine decise di smettere di leggerle e soprattutto di rispondere. Ora non sapeva se confessare o meno il suo segreto a Rosanna, ma fu un attimo, poi decise di no: era troppo complicato spiegare persino a se stessa l’ingorgo di certi sentimenti discordanti che le si ingigantivano dentro ogni giorno di più.
La bussola della sua vita era la razionalità non i sentimenti: nei suoi rapporti con gli altri era come se indossasse una maschera, che metteva al mattino per toglierla solo prima di andare a letto; non c’erano deroghe, con il tempo era diventata una cosa naturale come lavarsi il viso prima di vestirsi. Lei al mattino si metteva “la maschera della signorilità” e la recita era così perfetta che finì con il convincere buona parte dei suoi conoscenti. Alla fine ci credette anche lei. Non aveva amiche strette tranne Rosanna ed un pò meno, la cugina Pina Calì.
Rispose a Rosanna senza lasciar trasparire l’agitazione che all’improvviso l’aveva colta: « Non ricevo più lettere dall’anno scorso, le ultime erano dalla Russia – ricordava il timbro di provenienza anche se le ultime lettere scritte dal fronte russo non le aveva proprio aperte. Non riusciva a capacitarmi neanche lei del sentimento rancoroso che provava ogni volta che pensava a Nino, rancore, amore, senso di abbandono, frustrazione, desiderio di rivalsa… tutto assieme. «Da dove esattamente?» la incalzò Rosanna «Mah dal fronte orientale, forse Stalingrado…» azzardò lei. « Ah ecco allora ti avrà scritto della durezza dei combattimenti…» la interrupoe la cugina, e quasi piangeva…
Rosanna aveva un temperamento opposto a quello di Teresa: aperta e solare non fingeva mai, amava vivere in armonia con gli altri, di una sensibilità estrema, empatica ed affettuosa con tutti, si emozionava per un nonnulla… quello che ora doveva comunicare alla cugina era un macigno per il suo animo sensibile: «Ecco è arrivata la comunicazione ufficiale alla famiglia… Nino è dato per disperso sul fronte russo»
Teresa non diede segno delle passioni che in quell’istante le si agitarono dentro: si sentì sollevata, come se il destino o il caso avessero scelto al posto suo; perchè ora non avrebbe più dovuto giustificarsi di nulla o fingere un amore che non provava più, era di nuovo libera, poteva innamorarsi di nuovo o almeni provarci… fu in quel momento che pensò a Matteo e fu in quel preciso momento che decise di sposarlo. Naturalmente non fece trasparire niente dei suoi pensieri, anzi decise di recitare per un pò la parte della fidanzata affranta… poi le cose si sarebbero sistemate da sole, ne era sicura. Pensò che Rosanna si aspettava di vederla sconvolta da lla notizia perciò assumendo la faccia afflitta di circostanza,provò persino a piangere ma niente le lacrime non le venivano naturali e dentro di sè sapeva di non poter reggere a lungo, perciò con voce sommessa disse alla cugina: «Scusami sono sconvolta, però devo tornare a casa prima che faccia buio»- aggiunse avviandosi per il sentiero che scendeva giù verso il mare – « Resta a dormire da me…» rispose Rosanna e al diniego di Teresa aggiunse con sollecitudine: «Ti accompagno lungo il sentiero… »
Rosanna era seriamente preoccupata per la cugina: di una sensibilità estrema al dolore degli altri, credeva che Teresa fosse veramente sconvolta e temeva che scendendo per il sentiero accidentato potesse scivolare, cadere e farsi male…Adesso i sentimenti delle cugine erano invertiti: calma e freddezza in Teresa, dolore sincero e tristezza in Rosanna ma solo Teresa era in grado di notarlo. «Stai tranquilla appena arrivo accendo il lume per farti sapere che sono arrivata a casa» promise per calmare l’ansia che sentiva crescere nella cugina. L’altra annuì con comprensione e Teresa scivolò leggera lungo il pendio verso il mare, senza l’affanno (non solo fisico) che l’aveva accompagnata nella salita.
Ritornata a casa comunicò la ferale notizia alla madre ed alle sorelle, rifiutando nel contempo di lasciarsi consolare, poi si chiuse in camera sua chiedendo anche a loro di essere lasciata da sola. Si mise a letto e si addormentò subito. Il sonno fu pesante e senza gli incubi che l’avevano perseguitata per mesi. Il mattino dopo, si svegliò all’alba, con il sole che stava sorgendo dal mare. Lasciò passare una settimana poi mandò a chiamare Matteo e gli disse di essere pronta a sposarlo, ma lasciò in sospeso la data, dicendo di voler aspettare la fine della guerra.
Per Matteo la capitolazione di Teresa fu come espugnare una torre eburnea. Due giorni dopo si mise in viaggio per Villalba, con l’idea di avere notizie di prima mano sull’andamento della guerra:correvano voci che ci sarebbe stata una svolta decisiva a luglio.. voci niente di più, ma sapeva a chi rivolgersi per capire un pò di più il corso degli eventi e… programmare il suo matrimonio! Tutto questo avveniva a fine Giugno del ’43 dopo che le sorelle erano ritornate da Valledolmo. Maria invece aveva fretta di sposarsi e non voleva aspettare tanto a lungo, ma non poteva farlo prima della sorella maggiore: il caso e gli avvenimenti esterni diedero un’insperata accelerazione agli eventi.
NOTE:
- Lettere di Nino: dal fronte, una al mese: da luglio 1940 – a giugno 1941(12 lettere)
- Dalla Russia: da agosto 1941 a settembre 1942 (14 lettere)
- Poi si interrompono… Per un totale di 26 lettere
- Teresa ne apre solo 15 (fino ad ottobre del ’41), le altre, tutte dal fronte russo,le lascia chiuse senza leggerle.